lunedì 12 dicembre 2011

Giulia Carnevali - Eutanasia, Biogenetica, Aborto: dibattiti senza fine



Sfogliando il giornale ci si imbatte quotidianamente in argomenti diversi  fra loro:alcuni si possono trattare in maniera disinteressata,altri invece colpiscono,insegnano a riflettere e ad esporre un’opinione.


E’ il caso dei tre grandi temi della bioetica che, per quanto appartengano alla stessa disciplina e facciano nascere dibattiti di diverso genere in tutto il mondo, affrontano problematiche differenti tra loro.


L’eutanasia, letteralmente “buona morte”, procura intenzionalmente la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente  compromessa da una malattia o menomazione. Ne esistono varie definizioni, ma quella per cui si è aperto il dibattito politico e religioso è l’eutanasia volontaria, cioè la richiesta esplicita del soggetto che abbia ancora capacità di intendere e volere, o che abbia fatto il testamento biologico (o dichiarazione anticipata di trattamento).


Le principali ragioni a favore dell'eutanasia sono la libera scelta, per cui il cittadino deve essere libero di decidere di se stesso, la qualità della vita, poiché è il malato che deve scegliere se continuare a soffrire o meno (anche se esistono terapie contro il dolore) e la dignità:facendo decidere della propria sorte ad altre persone, il malato si riterrebbe incapace di prendere una decisione.


Invece,le ragioni che vanno contro questa pratica sono di tipo morale, poiché si pensa alla famiglia del malato, che desidera passare più tempo possibile con lui, alla possibilità di sperimentare nuove terapie allo scopo di risolvere il problema,o alle religioni,cristiana e non, che credono che questo atto sia peccaminoso.


In seguito ad una lettera di Piergiorgio Welby, copresidente di un’associazione  che si batte per il diritto dei malati a decidere della propria sorte e anch’egli affetto da distrofia muscolare, lettera inviata al presidente della Repubblica Napolitano, si è aperto un dibattito politico che si protrae ancora in questi anni  e che vede tre posizioni differenti sull’argomento: un’area contraria all’eutanasia, rappresentata soprattutto dagli esponenti della destra, un’area possibilista rappresentata dalla sinistra e un’area favorevole rappresentata dai liberali di  centro destra e sinistra. La chiesa cattolica, invece,è contraria a qualsiasi forma di eutanasia, ma ritiene accettabile l’uso di analgesici per trattare il dolore.


In Italia non esiste però ancora una legge vera e propria sull’eutanasia, ma abbiamo tre articoli del codice penale (artt. 575,579,580), che condannano mediamente da sei a quindici anni di reclusione chi la applica.


Un altro tema importante è l’aborto o interruzione di gravidanza: esso può avvenire spontaneamente o artificialmente. In Italia l’aborto artificiale è regolato dalla legge centonovantaquattro del codice penale, che consente l’aborto entro i primi novanta giorni di gestazione e solo nel caso in cui si verifichino malformazioni nel nascituro o gravi problemi psichici nella donna.


La chiesa cattolica è totalmente contraria all’aborto, perché ritiene la vita un dono di Dio all’uomo. Quindi, l’aborto è considerato dai cattolici un omicidio,un peccato mortale gravissimo, in quanto l’uomo si contrappone alla volontà di Dio.


Le tesi favorevoli alla legalizzazione dell’aborto sono sostenute invece dai “pro-choice”, i quali, pur non negando il valore della vita umana, affermano che la donna gravida debba poter esercitare, in determinati casi ed entro limiti fissati dalla leggi, il diritto a interrompere la gravidanza.


Inoltre, i “pro- choice” ritengono che l'embrione, almeno nelle prime settimane di gravidanza, non avendo ancora  sviluppato a sufficienza il sistema nervoso, non sia ancora un individuo autocosciente, e che dunque sia completamente differente, dal punto di vista biologico e ontologico, dall’essere umano.


La biogenetica,invece,è la scienza che deriva dalla genetica e studia i geni, l’ereditarietà e la variabilità genetica degli organismi. Essa compie vari esperimenti, tra i quali la clonazione e la fecondazione artificiale, in cui l’uomo ha fatto numerosi progressi.


La clonazione è la riproduzione di un organismo identico a un altro vivente,animale o vegetale. Il primo successo in questo campo è rappresentato dalla pecora Dolly, il primo mammifero clonato da una cellula somatica. Dopo il successo ottenuto con Dolly, molti altri mammiferi sono stati clonati e la clonazione è diventata un’opzione per salvare specie rare dall’estinzione.


Per quanto riguarda la fecondazione artificiale, si sono scoperte numerose maniere per rendere feconda un donna che non lo è o non ha un partner: alcune fanno impiantare il seme maschile in un’altra donna, altre invece si fanno cedere semi di uomini deceduti o anonimi, conservati nelle cosiddette”banche del seme”.


La fecondazione artificiale, dunque, se da un lato è da accogliere come un grande progresso dell’uomo, dall’altro costituisce un problema di ordine  morale, poiché il bambino che ne deriverà  potrebbe ritrovarsi senza un vero padre. E questo significa stravolgere la natura e dare luogo a legami innaturali.


In conclusione, tutti i temi qui presentati sono un esempio del progresso realizzato dall’uomo nel corso degli anni. In merito possono esistere dibattiti e pareri, ma è indubbio che ogni uomo ha il diritto di decidere della propria vita come meglio crede: il malato terminale della propria morte; la donna delle possibilità di diventare madre o di evitarlo.

giovedì 1 dicembre 2011

ALICE PIZZASEGOLA - Il bosco nella storia


Il bosco, luogo misterioso e affascinante, nel corso della storia ricoprì un ruolo importante nella vita dell’ uomo,e a seconda del periodo storico fu concepito in maniera differente.
Ritornando alle origini il bosco, fu un elemento essenziale per la sopravvivenza dell’ uomo primitivo. Qui egli trovava non solo un rifugio, ma anche una fonte di sostentamento,poiché vi poteva beneficiare dei frutti della terra e degli animali da cacciare.



Nell’antica Grecia, ad esempio, il bosco era visto nella sua dimensione sacrale e religiosa, in quanto in esso vivevano creature divine e leggendarie come i Satiri, le Ninfe, o veri e propri dèi, come Artemide, dea della caccia,  Ippolito ed Atlanta.



Che il bosco sia considerato un luogo inquietante si deduce poi dalla similitudine che Ulisse riferisce a Polifemo nell’ Odissea: “ era un mostro immenso, non somigliava ad un uomo che mangia pane, ma alla cima selvosa



di altissimi monti, che appare isolata dalla altre “ (trad. di G.A. Privitera - Odissea XI, vv. 181-192 ). Agli occhi di Odisseo e dell’ uomo comune, dunque, il gigante Polifemo appare un essere rozzo e isolato dalla civiltà. Questo paragone ci fa capire la visione greca del rapporto tra natura selvaggia e umanità civilizzata, in quanto il monte e la foresta rappresentavano l’esatto contrario della civiltà della polis.
Più tardi, anche i monaci circestensi e benedettini trovavano nella natura il filo conduttore per ritrovare Dio. Essi  individuavano nei  territori boschivi i luoghi ideali per dedicarsi alla preghiere e al lavoro. Il rispetto della natura e delle sue creature per loro  non significava soltanto osservarla in modo distaccato, ma anche utilizzarla a benificio della comunità, ricavandone legname cibo e altre risorse.
Altrettanto positiva è la visione di San Francesco, il quale trovò nella selva il luogo ideale in cui sentirsi vicino a Dio. Egli



infatti abbandonò ogni bene materiale e si ritirò nei boschi umbri, dove andò a cercare l’essenzialità della vita. Gli aspetti più sinceri del suo cristianesimo si sono trovati appunto  nel segno dell’amore di Dio. Un’ esempio di questo amore divino è l’ episodio del lupo di Gubbio: la tradizione francescana ci ha tramandato la vicenda di un feroce lupo che terrorizzava la città di Gubbio; l'intervento di Francesco consentì di concludere una sorta di patto di pace fra il lupo e la città, e l'animale depose la sua ferocia, mentre i cittadini si impegnarono a nutrirlo ogni giorno. Secondo la narrazione, il paese si legò così tanto all'animale che, quando questo morì, i cittadini se ne rattristarono profondamente.
Nel Medioevo il bosco assume tuttavia indiscutibilmente valore negativo. La foresta infatti veniva identificata come un luogo oscuro, misterioso e ostile all’ uomo; un luogo di smarrimento, dell’ignoto, dove non vi erano regole o norme comuni e dove l’ uomo risultava impotente. Anche nell’ ambito della nostra tradizione letteraria si possono fare diversi esempi della natura maligna del bosco. Il più immediato e lampante è la “ selva oscura “ della Divina commedia dantesca,



che è vista come emblema del peccato e  dello smarrimento morale,della tentazione e dell’ illusione.

L’ idea della selva come spazio che disorienta e illude si ripresenta più tardi anche in Ariosto: nell’ Orlando furioso, la foresta incantata si presenta come un vero e proprio labirinto, in cui i personaggi non riescono mai a trovare ciò che stanno affannosamente cercando.
Con l’ età pre-umanistica e umanistica la concezione negativa del bosco viene completamente ribaltata. Infatti, sempre rimanendo in ambito letterario, Francesco Petrarca vede nella natura un elemento centrale della sua esistenza. Nel Canzoniere possiamo trovare infatti numerosi versi in cui il poeta dichiara di trovare sollievo dal suo tormento amoroso nella natura, e spesso, oltre ad ambientare gli episodi narrati in luoghi naturali, egli associa i tratti fisici della sua amata ad elementi del paesaggio, come l’acqua, i rami o l’ erba. Anche altri intellettuali umanisti, basando i loro studi sull’osservazione diretta della natura, vedevano nel bosco uno spazio armonioso e incontaminato, pieno di vita.

Tra gli artisti, colui che rappresentò a pieno questo nuova concezione del mondo naturale fu il pittore Sandro Botticelli, il quale dipinse la Primavera. Venere è ivi rappresentata insieme agli altri personaggi in un boschetto ombroso e in piena armonia con l’ambiente circostante.
L'approccio razionale al concetto di bosco trovò espressione nel pieno Illuminismo. L'affermarsi della matematica e della geometria, nonché lo spirito razionalista che contraddistinse il ‘700, si manifestarono anche quando,  alla fine del secolo, nacquero le scienze forestali, che dovevano fare chiarezza sui misteri celati nella foresta,  sottoponendoli al controllo dell’uomo. La foresta perse però così il suo fascino, la sua magica suggestione.
Nel secolo successivo, vale a dire durante il Romanticismo, la natura assunse nuovamente una funzione anti-razionalista, diventando il luogo dell’ infinito, della ricerca, della contemplazione, in contrasto con la prosaicità e la corruzione della città e della società. Dinanzi alla foresta,



quindi, l’ uomo provava un senso di impotenza, perché sentiva

di non poterne controllare la forza.
Nel novembre del 1859, con la pubblicazione del saggio “L'origine della specie” di Darwin, la cultura tradizionale subì un duro colpo. In conseguenza delle nuove teorie, la foresta rischiò di perdere nuovamente il suo mistero e di essere spiegabile solo in termini matematici e scientifici.
Con lo sviluppo sociale e demografico, il bosco è ormai visto soprattutto come un’importante risorsa energetica, in quanto il legno può essere utilizzato come combustibile, come materiale edile e come materia prima per produrre la carta. Di qui il processo di disboscamento per cui gran numero delle foreste presenti sul nostro pianeta sono stata distrutte, e con esse le specie animali e vegetali che lì avevano creato il loro habitat . L’ uomo nel corso del tempo ha perso così il rispetto della natura, in quanto non considerata come essere vivente. Ciò è dimostrato dalla consistente urbanizzazione avvenuta nell’ età moderna, dove numerose foreste e boschi sono stati sostituiti da grandi metropoli e centri urbani.  Un esempio che dimostra questo triste evento ci viene descritto da Italo Calvino nel suo romanzo Marcovaldo ovvero le stagioni in città. Marcovaldo e i suoi figlioli, per  proteggersi dal freddo dell’inverno, sono costretti a cercare legna per la stufa, ma questa ricerca non avviene in un normale bosco; essi ricavano la legna dai cartelli situati sulla carreggiata dell’autostrada.
Come a dire che, se l’uomo non cambia la sua visione nei confronti della natura, le generazioni future vedranno solo boschi di cartelli stradali e non più di alberi.

lunedì 28 novembre 2011

CHIARA SOMMAVILLA - Gita nel bosco


Era il 20 giugno,una calda mattinata d’estate, ed i miei genitori decisero di portarmi in montagna a trovare la nonna che, da quando era andata in pensione, aveva deciso di andare a vivere lì in tranquillità. Ero molto felice di partire, perché era da tanto che non la vedevo, mi mancava e sapevo che con lei avrei passato bellissime giornate passeggiando in mezzo ai boschi, raccogliendo i funghi freschi, osservando la natura e mangiando la favolosa torta ai frutti di bosco che la nonna mi faceva sempre.

Una mattina, i miei mi fecero alzare alle sette per andare a fare una bella camminata; ci avviamo lungo un sentiero, si sentivano gli uccellini cantare, mi osservai intorno e vidi grandi alberi dalle folte chiome. Mi sembrava di stare in un grande labirinto, perché gli alberi erano tutti uguali ed era facile perdere la via. Nonostante ciò ero tranquilla, mi piaceva osservare la natura: vidi scoiattoli e uccellini di tante specie, grossi formicai costruiti con aghi di pino, ruscelli e tanti funghi.

Abituata al rumore della città, essere in mezzo a tanta vegetazione mi rendeva serena. L’aria era diversa ed i suoni degli animali, dei ruscelli e delle cascate mi rilassavano. Dopo aver camminato per tante ore, eravamo tutti stanchi e io non mi sentivo più le gambe, e così proposi di fare una sosta: trovammo un ruscello e decidemmo di fermarci proprio lì, sedendoci sotto due grandi alberi. Mia mamma si mise a leggere un libro, mio padre a pulire i funghi che avevamo raccolto per la sera, mia nonna mangiò qualcosa ed io decisi di riposarmi sdraiandomi sotto un folto albero, dove era un po' più fresco, ma essendo davvero stanca pian piano mi si chiusero gli occhi e mi addormentai…

“Brr Brr, che freddo!” Sentii un brivido, improvvisamente fiocchi di neve scesero dal cielo e mi sfiorarono i capelli: mi guardai attorno e davanti a me vidi un foltissimo bosco ricoperto di neve. Ero sorpresa, sentivo che nell’aria era cambiato qualcosa, come se ci fosse un'atmosfera magica. Da lontano vidi strani esseri, che pian piano mi si avvicinavano sempre più. Una volta che mi furono davanti, mi accorsi che erano fatine... sì, fate volanti! erano bellissime ed io ero incanta nel guardarle. Esse mi guardavano a loro volta, sorridendomi e svolazzandomi intorno. Erano ricoperte da fiori, e i loro capelli sembravano diamanti.
Io ero un po’ intimorita, ma nello stesso tempo curiosa di sapere dove ero capitata. Così, decisi di prendere la via ed addentrarmi in mezzo a quel bosco misterioso. Pian piano mi incamminai e, appena vi entrai, non volevo credere ai miei occhi: ero circondata da meravigliosi animali - scoiattoli, lupi, volpi, procioni, uccelli e cerbiatti, che mi sorridevano come per darmi il benvenuto -,le coloratissime foglie degli alberi si muovevano come volessero ballare ed i tronchi avevano occhi e bocca ed ai lati i rami si estendevano in due lunghe braccia. I ruscelli erano ghiacciati e ricoperti da una patina d’argento, le rocce parevano ricoperte d’oro e l'erba di colori luminosi, che riflettevano la loro luce nel cielo creando una bellissima atmosfera. Tutto era meraviglioso, sorprendente:avrei voluto rimanere lì e non andare più via.
Improvvisamente, un grande lupo mi si pose davanti e mi disse che mi trovavo nel bosco fatato e che solo le persone speciali come me avevano avuto l’occasione di conoscerlo; lui mi avrebbe svelato tutti i segreti di quel posto.

Ma fu proprio in quel momento che sentii una voce sussurrarmi: ”Amore, sveglia! si e’ fatto tardi... dobbiamo tornare a casa!” Era mia mamma, che mi svegliò perché si stava facendo buio. Fu solo in quel momento che mi resi conto che tutto era un sogno: mi guardai intorno e vidi che il bosco non era come quello che avevo appena sognato, anche se mi sarebbe piaciuto se un giorno fosse diventato così. Triste, tornai a casa, mangiai e andai a letto, sperando di potermi riaddormentare, continuando la mia straordinaria avventura, che avrei voluto non finisse mai.

martedì 22 novembre 2011

Sofia di Sarno - Eutanasia e aborto: giusto o sbagliato?



Cosa sono la bioetica e la biogenetica


La bioetica è una disciplina moderna molto recente, che applica la riflessione etica alla scienza ed alla medicina e ha lo scopo di affrontare e valutare anche a livello morale alcuni processi medici, quali il trapianto di organi, l'eutanasia, la fecondazione artificiale, l’aborto e tanti altri. Essa è necessaria in conseguenza al notevole sviluppo della medicina avvenuto negli ultimi decenni. Ogni nazione ha un proprio codice di bioetica: così ciò che è autorizzato e legale in uno stato potrebbe non esserlo in un altro.


La biogenetica è invece la scienza che studia l’origine della vita e l’evoluzione degli esseri viventi.





L’eutanasia


Tra i processi medici che suscitano maggiori polemiche, nel nostro paese come nel resto del mondo, c’è l’eutanasia, che è da anni causa di polemiche, così come in tutto il mondo, anche nel nostro paese. È infatti celebre il caso di Piergiorgio Welby, malato di distrofia muscolare, che scrisse una lettera al presidente della Repubblica Napolitano, in cui chiedeva d’aver diritto all’eutanasia. In questa lettera egli mostrò peraltro tutto il suo amore per la vita, affermando che per essere chiamata tale, essa debba essere dignitosa, mentre la sua non lo era più, poiché la sua malattia non gli permetteva di eseguire quasi più nessun movimento.


È una lettera commovente che tutti dovrebbero leggere prima di esprimere una qualsiasi opinione riguardo a questo argomento, così da comprendere il dolore e la sofferenza che provano le persone come Piergiorgio Welby e gli altri malati terminali.


Molti invece, specialmente tra i cattolici, credono che l’eutanasia debba rimanere una pratica illegale poiché pone fine al grande dono che è la vita, la quale dovrebbe cessare solo in modo “naturale”. A questa obbiezione rispondeva però Welby nella sua lettera al Presidente:


“Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata?”



E in effetti, vivere in quel modo cos’altro può arrecare se non dolore? E non solo alla persona malata, ma anche a tutti coloro che le stanno intorno e la vedono peggiorare giorno per giorno. Quindi, che cos’è l’eutanasia se non una forma di aiuto ai malati terminali? Essi hanno il diritto di porre fine al loro dolore. Può essere forse punito il malato di depressione che decide di suicidarsi? No, nessuno. Ognuno è libero di fare della propria vita ciò che meglio crede poiché, come scrisse Piergiorgio Welby, “La vita è un diritto, non un obbligo”.





L’aborto


La definizione dell’aborto è “interruzione prematura della gravidanza”. Esistono quindi due tipi di aborto: l’aborto spontaneo e l’aborto provocato. Nel secondo caso, l’operazione si pratica in sede chirurgica o per via chimica.


L’opportunità di interrompere una gravidanza viene valutata in base a moltissimi fattori: in primo luogo la salute della madre, ma si prendono in considerazione anche una violenza subita, condizioni economiche che mettono la gestante in condizione di non terminare la gravidanza, fattori psicologici e genetici (come malattie riscontrabili nel feto già dall’ecografia).


Nella maggior parte dei casi, inoltre, tramite consulto psichiatrico si valutano anche le motivazioni personali e soggettive della donna.


Tenendo conto di tali principi, dal 1978 in Italia è presente la legge 194 sull’aborto, che permette che tale operazione sia eseguita entro le prime 12 settimane di gravidanza. È positivo che esista tale legge, perché precedentemente le donne che volevano abortire erano costrette a farlo con metodi casalinghi e clandestini, mettendo in pericolo la loro stessa vita.


Nonostante sia presente una legge che legalizza la pratica, è comunque acceso il dibattito riguardante l’aborto, specialmente per i cattolici (ma non solo), che ancora una volta non sono favorevoli e lo ritengono omicidio, poiché a loro parere la vita inizia dal momento della fecondazione ed è perciò ingiusto porvi artificialmente.


Un articolo de Il Giornale del 27 aprile 2010 parla di un caso – per la verità non l’unico - in cui il feto estratto dall’utero della madre era vivo e fu lasciato a morire avvolto da delle garze sul lettino d’ospedale, senza che nessun medico o infermiere potesse fare niente.


La domanda da porsi è quindi “è giusto abortire?” Nessuno può dircelo. Molte donne sono “costrette” a farlo, perché non potrebbero mantenere economicamente il proprio bambino; altre ancora lo fanno perché sono troppo giovani per diventare madri. Esistono però orfanotrofi che potrebbero prendersi cura dei bambini se le loro madri non volessero farlo. Infatti, altre donne non possono avere figli perché sterili: coloro che ne hanno la possibilità, con che coraggio decidono quindi di abortire?


Non si può tuttavia negare che l’aborto non sia un’operazione indispensabile in casi estremi, in cui il feto è malato o in cui la madre rischierebbe la vita portando avanti la gravidanza. In tutti gli altri casi c’è forse una seconda scelta che non è quella di interrompere la gravidanza.




martedì 27 settembre 2011

Elisa Monari - ABORTO E BIOGENETICA: GRANDI, DIBATTUTI TEMI DELLA BIOETICA



Le opinioni sull’aborto 
Il tema dell’aborto è diventato un tema di discussione molto frequente; questi dibattiti sarebbero meno gravi se non si trattasse di vita umana. Da una parte ci sono le persone favorevoli al fatto di rendere libero e legale l’aborto, mentre dall’altra ci sono i contrari, e fra questi la Chiesa.
L’Arcivescovo Girolamo Hamer afferma che la legge divina e la ragione naturale escludono qualsiasi diritto di uccidere direttamente un uomo innocente; perciò nessuno ha il diritto di disporre nella vita di altrui, anche se in fase iniziale. Per quanto riguarda poi l’infelicità del futuro bambino, secondo la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica, nessuno, neppure i genitori, possono sostituirsi a lui, nemmeno se è ancora allo stato embrionale , pretendendo di preferire a suo nome la morte sulla vita. Del resto, per la Chiesa, qualsiasi individuo, anche raggiunta la maggiore età, non avrà mai il diritto di scegliere il suicidio, poiché la vita è un bene troppo prezioso.
Non tutti però sono contrari all’aborto: anzi, dai risultati rilevati da un’indagine fatta nel 2009, più del 70% dei genitori di minori sono favorevoli a questa pratica. Infatti, soprattutto i genitori di ragazze tra i sedici e ventidue anni si sono mostrati interessati e favorevoli, pur essendo consapevoli del fatto che esistono mezzi contraccettivi per evitare gravidanze indesiderate e che sarebbe bene farne uso.


Biogenetica: giusta o sbagliata?
Oltre al tema dell’aborto, un altro tema oggi molto discusso è la biogenetica, dato chenon esiste aspetto della nostra vita su cui non abbia influito il progresso della scienza. In effetti, oggi è possibile addirittura far nascere un bambino senza genitori.
Tuttavia, se la fecondazione artificiale per un verso è vista come una grande conquista dell’uomo sulla natura, costituisce dall'altro un grave problema di ordine morale. Ad esempio, in molti paesi esistono “ banche del seme” nelle quali vengono conservati spermatozoi di uomini deceduti o di donatori anonimi, che vengono usati per fecondare donne che desiderano avere un figlio, ma che non possono per via naturale.
Ci sono inoltre casi in cui giovani donne sterili, con un grande senso di maternità, affidano il seme del proprio uomo ad un’altra donna, la quale lo tiene nel proprio utero e porta avanti la gravidanza del bambino, come ad esempio Susan, che ha ospitato nel suo utero l’ovulo fecondato di sua figlia, dando luogo ad una situazione che ha del paradossale: ha partorito il proprio nipote. Da questa storia ci si rende conto che tali pratiche significano stravolgere la natura, dando luogo a legami artificiali, nei quali diventa difficile distinguere i ruoli.
Per questo, non tutti sono favorevoli all'impiego delle tecniche di biogenetica, che alcuni ritengono “ contro natura”, poiché pensano che un bambino debba essere concepito e cresciuto per via naturale da un padre e una madre, senza dover ricorrere alla scienza.
In realtà, nel caso in cui un uomo o una donna siano sterili o abbiano del problemi di fertilità, l’adozione potrebbe essere la scelta migliore da fare. Così, più del 20% di coppie italiane che non possono avere figli hanno fatto una richiesta di adozione e la loro vita è cambiata in positivo, come nel caso di Ivan e Sofia, che hanno adottato una bambina ucraina di due anni, e ora si sentono una famiglia a tutti gli effetti.


 Aborto e biogenetica sono in conclusione temi di estrema attualità e che attirano l’attenzione dei più: temi delicati, per i quali non esiste una risposta del tutto giusta o sbagliata. Bisogna analizzare caso per caso, prima di arrivare ad una conclusione, e soffermarsi sui soggetti presi in considerazione: conoscere le loro storie, l’ambiente familiare e sociale in cui vivono, i problemi e gli stati d'animo con cui si confrontano.

sabato 17 settembre 2011

Buon inizio d'anno scolastico!

Michele Gandolfi-La peste di Bologna





Bologna, 24 ottobre 2011

La fine è arrivata prima del previsto. Probabilmente i Maya erano stati troppo ottimisti con le loro previsioni. Questa società corrotta ed egoista ha finito per distruggersi con le sue stesse mani, o forse per mano di qualche divinità.
Invece che uscire dal tunnel, vi siamo rimasti bloccati dentro e probabilmente vi resteremo per sempre.
Quella che un tempo era un società in continua evoluzione ora ha subito un arresto.
L’opzione migliore che ci è rimasta in questo momento è quella di ritornare uomini primitivi, ma nel peggiore e più probabile dei casi la nostra razza scomparirà.
Non so cosa stia succedendo esattamente nelle altre parti del mondo, ma non mi interessa. Ormai non fa più differenza. Però posso dire cosa succede qui, nella mia città, Bologna.
Cara vecchia Bologna. Un tempo chi sentiva il tuo nome pensava ai tortellini, alle tagliatelle al ragù e ai tuoi bellissimi portici. Ma ora riporti alla mente una sola parola: morte.
Da quando è scoppiata la guerra nucleare questa bellissima città ha rischiato di essere ridotta in macerie come altre decine di migliaia, sparse per il globo. Ma dove non sono arrivate le esplosioni, sono arrivate le radiazioni potentissime che le bombe rilasciano e che la massa definisce come “la nuova peste”.
Non esiste un rimedio per questo letale veleno, tanto che gli stessi pazzi assassini che l’hanno ideato moriranno con esso. Ai bolognesi purtroppo è toccata questa dura sorte: una morte lenta e dolorosa.
I lamenti, le urla e i pianti di dolore risuonano in tutte le strade; nessuno riesce a sfuggire a questa fine che aleggia nell’aria, che pervade il nostro corpo.
Scappare non serve a nulla; non esistiamo già più.
Anche i bambini sono senza scampo; le uniche gocce pure che stillavano dalla fonte inquinata della vita ora saranno condotte alla stessa fine delle altre. Quelli che non sono già morti o agonizzanti per le strade guardano pietrificati dall’alto dei balconi delle loro case lo spettacolo sotto i loro piedi; per loro è come vedere un film dell’orrore. Chiedono aiuto alla mamma, al papà, ma questi non rispondono, abbandonati al loro sonno eterno.
Molti si rinchiudono nelle loro abitazioni, ma non hanno comunque speranza; le radiazioni passano dappertutto. Le strade sono piene di auto abbandonatee di persone che fuggono senza meta, alla ricerca di un riparo inesistente.
I portici della città sono diventati un “lazzaretto”; l’unica differenza è che qui anche i medici sono diventati dei
pazienti.
Sorte diversa è toccata alla scalinata che va verso San Luca, ormai conosciuta come ‘La salita della morte’ o ‘il tappeto dei fedeli’qui decine di migliaia di vite di bolognesi si sono spente nella speranza di raggiungere il santuario per chiedere la grazia, venendo a creare una vera e propria distesa di corpi lungo tutto il tragitto.
Una situazione altrettanto sinistra è quella del cimitero della Certosa, dove c’è chi cerca di sfruttare quel poco di tempo che gli è rimasto per costruirsi una tomba che sia in grado di ricordarlo alle generazioni future.
In Piazza Maggiore si trova il gruppo di quelli che si uccidono a vicenda per evitare ulteriori sofferenze;
per lo stesso motivoinvecealtri preferiscono lanciarsi dall’alto della torre degli Asinelli, la cui entrata è ormai resa impraticabile a causa dei resti delle persone che hanno cercato di volare verso la salvezza.
Mentre tutto questo accade, cerco di rintanarmi nell’ultimo angolo di verde per respirare quel poco di aria che è rimasta; sebbene anche quest’ossigeno sia stato contaminatoqui nel bosco non è arrivato ancora l’odore di carne in decomposizione che si trova in città.
Bologna è tornata indietro nel tempo a causa di circostanze di cui la maggior parte delle persone non sono nemmeno a conoscenza; mi chiedo che cos’abbia spinto certi individui a fare tutto ciò.
Il danno è comunque irreversibilenon resta altro che aggrapparsi alla speranza di un’altra vita dopo la morte.
Qui parla Michele Gandolfi, un giovane distrutto nel suo presente e nel suo futuro. Spero che un giorno questa mia registrazione possa essere ascoltata da persone che vivono in un mondo migliore.